mercoledì 2 dicembre 2015

Serie A Beko - Recap 9a giornata: Una poltrona per sei

Le festività natalizie sono alle porte, e con loro tornerà d'attualità il film con Eddie Murphy "Una poltrona per due", evergreen che viene riproposto ogni anno. "Una poltrona per sei" potrebbe essere invece il titolo adeguato per la situazione che c'è in classifica nella Serie A Beko: Milano prima da sola a quota 14 punti, e ben sei inseguitrici a due lunghezze di distanza: Venezia, Reggio Emilia, Cremona, Sassari, Trento e Pistoia. 
L'Olimpia sta cominciando a rispondere alle sollecitazioni di Coach Repesa, con due vittorie convincenti contro l'Efes Istanbul in Eurolega, e nel derby lombardo con Cantù, partita sempre difficile da giocare in un catino ribollente di passione come il Pianella. Entrambe le vittorie sono arrivate senza il proprio capitano Alessandro Gentile, ai box per infortunio, ma ormai pronto a tornare sul parquet per dare il suo contributo all'EA7.

Jamel McLean schiaccia in volo

Dietro Milano, ecco il plotone di ben sei inseguitrici: Venezia ha conquistato due punti casalinghi importanti contro una Caserta mai doma, ma con la Reyer che è sempre stata in controllo del match, nonostante non sia riuscita a produrre il break da rompere definitivamente l'equilibrio tra le due squadre. Peric top scorer dei veneziani con 19 punti, alla pari con Daniele Cinciarini per i campani.


Josh Owens decolla per la schiacciata

Reggio Emilia ha espugnato il PalaCarrara, uscendo vittoriosa da una battaglia punto a punto che, però, ha lasciato strascichi polemici per l'arbitraggio: due espulsioni nel finale per i toscani, che hanno fatto imbufalire coach Esposito e che sicuramente hanno condizionato la partita. Sul campo però la Grissin Bon non ha demeritato, trascinata da un indomabile Kaukenas: 19 punti per la guardia lituana. Per Pistoia partenza sprint, poi Reggio ha trovato le contromisure e recuperato il gap, ma per la Giorgio Tesi rimanngono un Alex Kirk mattatore con 23 punti col 67% da 3, e una prestazione che conferma che il secondo posto in graduatoria è meritato.

Rimas Kaukenas inseguito da Ariel Filloy
Come Pistoia, anche Cremona è non sorprendentemente nell'élite del campionato, nonostante lo status di medio-piccola: l'organizzazione di coach Pancotto alla lunga paga, con i lombardi reduci da cinque vittorie consecutive, l'ultima dei quali ottenuta in trasferta contro Pesaro con una prova molto convincente: McGee top scorer, ma ottima prestazione anche degli azzurri Luca Vitali e Marco Cusin, colonne portanti del progetto Vanoli. Per i marchigiani, 24 punti messi a referto da McKissic, che però non bastano a colmare il distacco con Cremona.

Luca Vitali in azione

La cura Calvani sta facendo effetto a Sassari: Dinamo che tiene testa al CSKA Mosca in Eurolega e asfalta Capo d'Orlando in campionato, mostrando miglioramenti nel gioco e una maggiore intensità difensiva che ha asfissiato i siciliani sin dall'inizio della partita. Haynes trascinatore dei sardi con 18 punti, e ottima prova anche di un rinato Brent Petway: 5 e ben 11 rimbalzi per il lungo ex-Olympiacos. Progressi netti per Sassari, che si ricandida con forza alla difesa dello scudetto conquistato l'anno scorso. A coach Griccioli invece non basta il rientro di Ilievski, che però sarà una pedina fondamentale nei prosieguo della stagione.


 Rok Stipcevic affrontato da Ilievski e Oriakhi

Nelle sei inseguitrici rientra anche Trento, che vince e convince contro Torino. Manital che fa esordire il neo-acquisto Jerome Dyson e DJ White, al rientro dopo l'infortunio che lo ha tenuto fuori dall'inizio del campionato: rinforzi però che non sono sufficienti per arginare il vigore dei trentini, autori di una grande prestazione con Davide Pascolo e Trent Lockett sugli scudi. E' evidente che per la Dolomiti Energia il doppio impegno campionato-Eurocup stia pagando i giusti dividendi agli uomini di coach Buscaglia, che assumono sempre più consapevolezza e fiducia di partita in partita, confermando di meritare la posizione in classifica.

Dominique Sutton a canestro

lunedì 21 settembre 2015

EuroBasket 2015: il bilancio di un torneo entusiasmante

La tristezza sarà il sentimento predominante per gli appassionati di basket, almeno per qualche giorno. Ieri sera intorno alle 21 è calato il sipario sulla manifestazione continentale per nazionali, e tra quei patiti, non ne faccio mistero, includo pure il sottoscritto. In finale, con il punteggio di 80-63, la Spagna si è aggiudicata il titolo europeo per la terza volta su tre con Sergio Scariolo in panchina, e alla vigilia del torneo questo non era proprio il risultato più scontato, sebbene gli iberici fossero comunque quotati tra i favoriti. La Lituania ha pagato l'impatto negativo nel primo quarto, non riuscendo a pareggiare l'intensità e la voglia degli spagnoli, feroci come dei predatori nell'azzannare la partita già dalla palla a due. Quando i baltici si sono svegliati, il distacco era ormai troppo difficile da colmare, soprattutto contro un Pau Gasol stellare, da 30 punti di media nella fase a eliminazione diretta, leader assoluto della Spagna e dominatore dell'europeo.

 La Spagna trionfa e il capitano Reyes solleva il trofeo continentale

La medaglia di bronzo va invece alla Francia, che salva la pelle e la faccia davanti al proprio pubblico, sconfiggendo per 81-68 una Serbia che sembrava ancora frastornata, soprattutto sul piano psicologico, dalla batosta subita in semifinale ad opera della Lituania. Entrambe saranno brutte gatte da pelare durante il torneo preolimpico.
Dopo questo doveroso riassunto, proviamo a tracciare un breve bilancio squadra per squadra delle prime 7 classificate, ma non solo.

SPAGNA - I vincitori dell'EuroBasket 2015 hanno compiuto un'impresa memorabile, forse la vittoria più imprevedibile, sia alla vigilia, che annoverandola tra quelle nel palmares della nazionale. Con le assenze di big come Marc Gasol, Navarro, Ibaka e Rubio si pensava fosse una Spagna ridimensionata nelle ambizioni e nello spirito: niente di più sbagliato. Il gruppo si è coeso maggiormente ed ha tirato fuori il carattere e la personalità nel momento più difficile, trascinato dal proprio leader, nonché MVP del torneo, Pau Gasol, dopo una partenza ad handicap con due sconfitte nelle prime tre partite. E fare un europeo così, a 35 anni suonati, con tutte le critiche addosso, significa soltanto essere un fuoriclasse assoluto e totale. Spagnoli dritti a Rio 2016. Menzion d'onore: la difesa arcigna di Sergio Llull su Parker nella semifinale contro i padroni di casa.

 L'MVP del torneo: Pau Gasol

LITUANIA - "E' una Lituania in cambio generazionale, sono battibili". "Non hanno più il talento dei vari Jasikevicius, Kaukenas e dei gemelli Lavrinovic". "E' già un miracolo se arrivano tra le prime otto". Queste erano le parole spese alla voce "Lituania", nell'ipotesi di ricerca di pareri sulla nazionale baltica in previsione dell'EuroBasket. A posteriori, pronostici totalmente fuorvianti e sbagliati. Per la nazione che "ha la pallacanestro come primo, secondo, e terzo sport nazionale", come ha detto Flavio Tranquillo in una telecronaca, è stata una prova d'orgoglio e di una cultura cestistica sopraffina, con coach Kazlauskas capace di tirar fuori il meglio, e anche di più, da un gruppo in cui effettivamente il talento era limitato, ma non la voglia di far fare bella figura al proprio paese. Altro dettaglio da non sottovalutare, l'ennesima qualificazione alle olimpiadi. Menzion d'onore: purtroppo per noi, la partita contro l'Italia, l'apoteosi del gioco lituano, poi ripetutasi anche in semifinale contro la Serbia.

 Il lituano Jonas Valanciunas esulta contro l'Italia

FRANCIA - I padroni di casa escono sicuramente delusi da questo europeo. I 30mila dello stadio Pierre Mauroy non sono stati sufficienti per sconfiggere la Spagna, che ha ricambiato con gli interessi lo scherzo fatto dai francesi l'anno scorso, quando ai mondiali andarono a vincere sul campo spagnolo, eliminando gli iberici carichi di aspettative. Parker straordinario nella prima fase, molto meno nella seconda, dove è emersa la classe di De Colo, assieme a quella degli NBA Gobert e Batum, che però non sono bastati per trascinare una nazione intera al successo continentale. Pericolosissima al torneo preolimpico. Menzion d'onore: Tony Parker, miglior marcatore di sempre nell'europeo.

 Il recordman Tony Parker, star della Francia

SERBIA - Un'ovvia considerazione è che ci si aspettava sicuramente di più da questa squdra, almeno il podio, con giocatori del calibro di Bogdan Bogdanovic, Nedovic e Raduljica ad uscire dalla panchina. Probabilmente in semifinale la Serbia è stata sorpresa dall'intensità della Lituania, e dall'equiparabile fisicità, che non ha permesso agli uomini di Djordjevic di esprimere al meglio la sua pallacanestro. Il talento di Teodosic e Bjelica è indiscutibile, ma forse manca ancora qualcosa per rimanere nell'olimpo del basket, nonostante l'argento mondiale dell'anno scorso e una prima fase di questo europeo che l'ha vista imbattuta e autrice di prove schiacciasassi fino ai quarti di finale. Al preolimpico sarà un bruttissimo cliente. Menzion d'onore: le visioni imaginifiche di Milos Teodosic.

 Milos Teodosic in azione contro la Repubblica Ceca

GRECIA - Altra delusa di questo europeo, le aspettative erano ben altre del quinto posto finale, a pari merito con l'Italia, ma davanti per il maggior numero di vittorie. Un gruppo col talento di Spanoulis, Borousis, Zisis, Perperoglou, Printezis e soprattutto Antetokounmpo avrebbe sicuramente meritato qualcosa di più, ma si sa che nel basket non bastano i nomi, servono anche il gioco e la prova sul campo. Prima fase da imbattuta, è uscita all'ultima azione nei quarti di finale contro quella Spagna che poi è andata a vincere il torneo. Probabilmente manca quell'allenatore capace di far rendere al meglio un gruppo pieno sì di talento, ma che ancora fa fatica a sfoderare tutto l'enorme potenziale. Qualificata al torneo preolimpico. Menzion d'onore: la rimonta nei quarti contro la Spagna.

Giorgos Printezis inchioda contro la Croazia

ITALIA - Ed eccoci a noi. Nel complesso non è stato un brutto europeo, anzi, tutt'altro. Rimane comunque il rammarico per come è stato giocato quell'ultimo possesso dei regolamentari nei quarti contro la Lituania, che avrebbe potuto darci la vittoria. Ma non ci si può attaccare solo a quello, abbiamo perso contro una squadra arrivata in finale e che contro di noi ha giocato la partita perfetta. Dopo una partenza balbettante che ha compromesso la partita contro la Turchia, non tradisca la rimonta finale, la vittoria con l'Islanda ci ha dato quella fiducia che forse è mancata nei primi due match. Capolavoro contro la Spagna e stellare Belinelli, indomiti al supplementare con la Germania e uno strabiliante Gallinari, scarichi e poco motivati contro la Serbia. Prima fase che concludiamo al terzo posto, ci dà Israele agli ottavi, letteralmente demoliti con una vittoria sontuosa di 30 punti e un Gentile formato "Alessandro Magno". Ai quarti ripetiamo la prestazione contro la Lituania, che però gioca la partita della vita e ci batte al supplementare, quando ormai siamo esausti. Rivedibili le palle perse finali, le rotazioni, e qualche possesso forzato senza necessità, ma resta una prova di carattere della nostra nazionale, che ha rimontato più volte uno svantaggio di oltre 7 punti e trovando la forza di mettere pure la testa avanti in qualche frangente. Nella finalina per il sesto posto ci aggiudichiamo il pass per il torneo preolimpico contro la Repubblica Ceca, con una partita che fila liscia dopo un inizio ancora sotto shock per il match con la Lituania. Questo non è un punto di arrivo, ma deve essere una partenza verso traguardi importanti nel prossimo biennio. Già qualificati per EuroBasket 2017 e una Nazionale che ha svegliato l'entusiasmo per il movimento e per questo sport. Menzion d'onore: le partite con Spagna, da esporre agli Uffizi, e con Israele, difesa da manuale.

Andrea Bargnani al tiro contrastato dall'israeliano Omri Casspi

REPUBBLICA CECA -  Ecco l'ultima qualificata al torneo preolimpico, col settimo posto finale di questo europeo, e autentica sorpresa della manifestazione continentale. Trascinati dalle stelle Vesely e Satoransky, i cechi hanno espresso un buon basket, variegato, che ha messo in difficoltà squadra più quotate come Serbia e Croazia. Per loro questo è un risultato alla vigilia imprevedibile, e quindi a maggior ragione ancor più soddisfacente, come una medaglia. Non possono che migliorare. Menzion d'onore: la prestazione sensazionale contro la Croazia negli ottavi.

Tomas Satoransky in penetrazione contro la Lituania

ISLANDA, TURCHIA, CROAZIA - La rivelazione e due delusioni di EuroBasket 2015: la prima è stata eletta come "squadra simpatia" non solo dal popolo di Berlino, ma anche da tutti gli appassionati di pallacanestro. Basket spumeggiante, abuso del tiro di tre punti, attacco da far girare la testa, sicuramente una squadra atipica dove il più alto in campo (eccezion fatta per Ragnar, sceso sul parquet contro la Turchia per 5 secondi) non superava i 2.05m. Come qualcuno ha twittato, Meo Sacchetti saprebbe come far rendere al meglio questa squadra. Menzion d'onore: il match contro i turchi, portati ai supplementari all'ultimo tiro.

Jon Stefansson e Pavel Ermolinskij contro la Turchia

Turchia e Croazia invece sono invece le due squadre più quotate uscite agli ottavi: la prima più per meriti altrui, dei francesi; la seconda per demeriti propri, esprimendo un gioco non sfavillante e col solo Simon, futuro giocatore dell'Olimpia Milano, a salvarsi in una disfatta che non ha reso affatto felici i tifosi croati, nonostante una grande Repubblica Ceca. Forse è mancata la mano di un allenatore esperto e vincente come Repesa.

Non ci resta dunque che darci appuntamento al luglio prossimo con la nostra nazionale, nella speranza che il torneo preolimpico si possa organizzare nel nostro paese, a Torino, e che sia di buon auspicio nella strada che porterà a Rio 2016. Buon basket a tutti.

giovedì 11 giugno 2015

Il fallimento di Milano: potenziali cause e ipotesi future

Ieri sera si è materializzato ciò che a inizio stagione, e dopo quella regolare, sembrava impensabile e impronosticabile: Milano eliminata prima della finale scudetto. E proprio impronosticabile è stato l'andamento della serie con Sassari, terminata con l'overtime di gara 7, giusto per voler aggiungere del pathos a una sfida già di per se equilibrata, e molto associabile a un film thriller con clamoroso colpo di scena finale.
Le chiavi di lettura di questa débacle sono molteplici, a partire dai meriti di Sassari: averci creduto fino in fondo e non abbattersi dopo parziali negativi e due partite consecutive perse. L'intensità con cui i sardi hanno interpretato la serie è stata encomiabile, non avendo nulla da perdere contro i campioni in carica, dando prova del proprio valore e di voler continuare a inseguire un sogno che entrerebbe di fatto nella storia del club e della pallacanestro italiana: vincere tutti i trofei stagionali a livello nazionale. Onore alla Dinamo e a Coach Sacchetti, che ha fatto da muratore e ricompattato lo spogliatoio dopo una parte finale di regular season in cui qualche crepa si era formata nel rapporto tra giocatori-società-tifosi.



Sul banco degli imputati dunque ci finisce l'Olimpia, incapace di chiudere una gara teoricamente già vinta a pochi secondi dal termine. Quel rimbalzo di Sanders rimarrà negli occhi dei tifosi per parecchio tempo, ma il pallone probabilmente non è finito lì per caso, bensì per premiare la squadra che ha avuto più volontà di andare avanti (e meritatamente aggiungerei).
Primo accusato, come si fa solitamente in questi casi, Coach Banchi: tralasciando una gestione tattica non sempre impeccabile durante tutta la serie, in cui la sequenza dei match seguiva il copione schemi > schemi + isolamenti > solo isolamenti, viene da chiedersi come si faccia a giocare con solo 6 uomini negli ultimi 25 (!!!) minuti di gara, overtime incluso, per scelta tecnica. E' comprensibile la situazione di emergenza di Reggio Emilia, con numerosi infortunati, ma questa assolutamente no. Utilizzare Brooks, Elegar e Melli per qualche istante, neanche minuto, permettendo di dare fiato a qualche titolare, sarebbe stato più saggio. E proprio questo pare il tallone d'achille di Banchi, le scelte.
Analizzando meglio la situazione però, bisogna risalire fino alla campagna acquisti estiva (e non solo), in cui sono stati compiuti errori madornali per una squadra che aveva come obiettivi il secondo scudetto consecutivo e un'altra stagione da protagonista in Eurolega. Gli ingaggi di un Kleiza ormai da pensione, inguardabile in difesa e fisicamente finito, di un James che di nome non fa LeBron ma Shawn, e che si sperava desse un serio contributo alla causa dopo essersi ripreso dal grave infortunio alla schiena, sono solo alcuni degli sbagli commessi dalla "nuova" dirigenza Olimpia, orfana di Proli, con timone affidato a Flavio Portaluppi. MarShon Brooks è salvabile, sebbene troppo altalenante e pigro in alcuni frangenti, ma raramente ha dimostrato quel fuoco che invece Cerella sfoggiava in ogni partita e che doveva essere d'esempio per tutti i compagni. Capitan Gentile si è messo la squadra sulle spalle e l'ha trascinata fino a gara 7 quando tutto sembrava già finito, mentre l'assenza dello squalificato Hackett per due partite sembrava aver giovato agli equilibri nelle rotazioni di coach Banchi, con l'Olimpia vincente in entrambi i confronti.
Una volta smaltita la delusione del totale fallimento stagionale, bisognerà chiedersi da dove ripartire: gli obiettivi si presume restino i soliti, dunque i primi nodi da sciogliere riguarderanno l'aspetto amministrativo e dirigenziale, i secondi quello tecnico. Possibile un ritorno di Livio Proli? E' ancora difficilissimo da dire. Piuttosto conterà molto la scelta del prossimo allenatore, sul quale un ingente investimento con progetto pluriennale non sarebbe assolutamente un delitto. Poi sarà la volta dei giocatori: Gentile ha davanti a se il dilemma "NBA sì, NBA no", anche se il pianto di ieri sera con successivo tributo dei tifosi è stato sicuramente un gesto di appartenenza notevole, Brooks è conteso da altre squadre europee di livello, Samuels chiede un lauto aumento per rinnovare. Molto più sicure le partenze di Kleiza, Elegar e James. Per essere davvero competitivi a livello internazionale servono almeno un play puro di affidamento, un lungo di almeno 2,10m con buona tecnica (Cervi ancora troppo acerbo e lento), e un gran bagno d'umiltà da parte di tutti.



Vedremo dunque come si evolverà la vicenda, ma il volto scuro con cui il patron Armani ha lasciato il Forum ieri sera lascia presagire una rivoluzione.

sabato 6 giugno 2015

Coralità vs Individualismo - Golden State e Cleveland a confronto

Ci siamo, è arrivato il momento che tutti noi appassionatissimi di basket aspettavamo, quell'adrenalina (e quelle occhiaie) che solo le Finali NBA posso garantirci. E infatti dopo gara 1 il copione è stato rispettato, con la partita conclusasi all'overtime e vittoria casalinga per i Warriors 108-100 sui Cavs. In questo post proverò l'operazione inedita di analizzare tatticamente il gioco di entrambe le squadre, dal basso della mia limitata e modesta conoscenza cestistica.

Golden State Warriors

Golden State era data come la favorita per il titolo già dopo le prime partite di pre-season, in pochi credevano potesse arrivare dove ora, ma i pronostici sono stati rispettati. Perché? Tentiamo di spiegarlo.
Tralasciando temporaneamente in secondo piano la presenza di due dei giocatori più forti in assoluto della lega, quello che ha sorpreso di più dei Warriors è stata l'impronta di gioco data dall'esordiente Coach Steve Kerr: un gioco fatto in primis per esaltare il teamwork, il lavoro di squadra, dove Curry e Thompson sono solo le punte di diamante di un sistema in cui sono coinvolti tutti i giocatori in campo. Ma non è tutto.
L'intensità e la forma fisica sono altri due elementi legati tra di loro, che però caratterizzano appieno Golden State: il Run and gun (corri e tira) è una filosofia spesso praticata dai californiani, che prima difendono arcignamente sul possesso avversario, poi volano in transizione dall'altra parte del campo, anche da canestro subìto, per cercare un canestro veloce (spesso triple azzardate) impedendo alla difesa di schierarsi correttamente.
Il resto vien da sé, anche se non così scontato, se hai in roster giocatori come gli Splash Brothers, uno tra i migliori difensori come il mastino Draymond Green, e se puoi anche permetterti di avere un tale Andre Iguodala come sesto uomo di lusso.

Cleveland Cavaliers

Il gioco dei Cavs è l'antipode dalla collettività espressa elegantemente dai Warriors. E, in un certo senso, sarebbe anche un delitto non proporre quello stile di gioco, con La Superstar (sì, con la maiuscola anche l'articolo) per eccellenza della contemporaneità cestistica: LeBron James.
A voler essere estremamente stringati, il piano tattico è il seguente: palla a James, isolamento. Se rimane 1vs1 col suo diretto difensore, gioca da solo; nel caso si palesasse l'aiuto, seguirebbe lo scarico per un compagno. E' chiaro che questa è un'analisi troppo ristretta e riduttiva del gioco dei Cavs, e non si avvicina nemmeno lontanamente alla concezione, permettetemi il termine, blattiana di gioco di squadra. Ma al di là di questo dettaglio, resta comunque una tattica finora efficace, visto il rendimento di LeBron, e anche il suo immenso talento. In post-season, James è il giocatore con la percentuale più alta di giocate in isolamento, 32,6%, in relazione ai possessi di squadra per partita. In gara-1 delle finals, ha praticamente giocato da solo, con i cosiddetti gregari a segnare pochissimi punti, tirando male, e addirittura Dellavedova che non si è preso un tiro. Questo tipo di difesa, ovvero lasciare in 1 contro 1 LeBron col suo difensore senza far arrivare aiuti (al limite, fintarli), è stata una scelta ben precisa dei Warriors, che sono passati a riscuotere con la vittoria casalinga, nonostante i 44 punti di James. In questa chiave, Harrison Barnes e Andre Iguodala hanno svolto un eccellente lavoro, contestando qualsiasi tiro il Prescelto decidesse di prendersi. Nelle precedenti sfide dei playoff invece, i raddoppi sul Re ad opera di Boston, Chicago e Atlanta nell'ordine, sono stati puniti con puntuali scarichi per i compagni, che a turno rimarcavano l'errore con triple chirurgiche, frustrando così ogni tentativo di difesa.

Fonti per l'ultimo passaggio sui Cavs: stats.nba.com; hangtime.blogs.nba.com/

sabato 16 maggio 2015

L'elogio del gregario - Matthew Dellavedova

L'elogio (e la rivincita) del gregario. Visto che siamo in clima e in periodo Giro d'Italia, possiamo utilizzare questo paragone ciclistico per spiegare al meglio quanto accaduto nella notte di venerdì, durante gara-6 tra Cavs e Bulls.
Il gregario è colui che aiuta il capitano a vincere una tappa (o un giro), preparandogli il terreno per sferrare l'attacco vincente, o aiutandolo nei momenti di difficoltà. Nella squadra allenata da David Blatt, uno dei giocatori che interpreta questo ruolo è Matthew Dellavedova, 24enne australiano (di origini italiane), che nelle normali rotazioni entra per pochi minuti, con lo scopo di far riposare il playmaker titolare, tale Kyrie Irving, non certo uno qualunque. Kyrie però è infortunato, ha giocato tutta la serie con Chicago praticamente su una gamba sola, e parte dalla panchina. Il sostituto designato a iniziare la partita in quintetto è proprio Dellavedova. Ma Matthew non si limiterà ad essere il classico gregario, stavolta no. 34 minuti in campo, 19 punti, 63% dal campo, 50% da tre, 21 di plus-minus.  Le cifre però non raccontano tutto, perché l'australiano è riuscito a contenere in difesa D-Rose, la stella dei Bulls: lo scout dello scontro diretto recita solo 4 punti nelle ultime due partite per il numero 1 di Chicago.



A fine match il Prescelto, LeBron, lo abbraccia e lo porta in trionfo, Cleveland approda alla finale di Conference. Il gregario celebrato dal proprio capitano. E i complimenti continuano anche in conferenza stampa, quando James apprezza il contributo del suo play, definendolo "non il più atletico, non il miglior tiratore, non il più veloce, ma uno che metterei in campo contro chiunque". E la statistica precedente conferma il pensiero del Re.
Se Dellavedova manterrà questo rendimento, come anche Thompson, autore di una doppia-doppia da 13 punti e 17 rimbalzi, i Cavs potrebbero andare veramente lontano, dove effettivamente vorrebbero arrivare. A fine Giro vedremo se Contador trionferà lodando il lavoro di Kreuziger e Tosatto, o se Aru ringrazierà Tiralongo e Landa. Intanto Matthew si è meritato ampiamente il riconoscimento di LeBron.
L'elogio del gregario.

sabato 28 febbraio 2015

Inter – Fiorentina: sfida sulle ali dell’entusiasmo (e dell’Europa)

Ecco l'articolo del #GiornalistaViola Antonio, pubblicato sul blog di BetClic IT.

Il match che si disputerà domenica sera allo stadio di San Siro tra Inter e Fiorentina vedrà di fronte due squadre molto in salute, reduci entrambe dall’approdo agli ottavi di finale in Europa League, il ché fa sempre morale. I nerazzurri escono vincitori dal doppio confronto con il Celtic, magari senza brillare sul piano del gioco, ma alla fine è il risultato quello che conta; i viola invece saranno sicuramente più soddisfatti della prestazione contro il Tottenham, un secco 2-0 firmato Gomez e Salah. Coppia d’attacco che potrebbe essere riproposta nel 4-3-3 di Montella proprio nella partita di Milano, salvo ricorso al turnover per far riposare alcuni elementi della rosa, magari provati dall’impegno europeo.

Una certezza nella formazione anti-Inter però c’è: Neto. Il portiere brasiliano è chiamato ancora a sostituire l’infortunato Tatarusanu, e il suo rendimento in coppa non pare avere risentito dello status di separato in casa, dato il mancato rinnovo del contratto in scadenza il prossimo giugno. In difesa dovrebbero essere confermati Savic e Micah Richards, mentre gli altri due componenti della retroguardia potrebbero essere Gonzalo Rodriguez e Pasqual, così da far rifiatare Basanta e Alonso. A centrocampo c’è il dubbio Mati Fernandez: il cileno è uscito acciaccato dalla sfida col Tottenham, e bisognerà vedere se sarà disponibile per domenica o se invece Montella dovrà ricorrere ad un sostituto. Molto più probabile quindi l’utilizzo di Aquilani dall’inizio in mediana. In attacco, Diamanti sicuro di essere nell’undici titolare, con Babacar pronto a ripagare la fiducia dell’allenatore e Salah, ormai indispensabile per i viola.

L’Inter dal canto suo si ritrova parzialmente nella stessa situazione della Fiorentina, con un portiere infortunato, Handanovic, che verrà sostituito da Carrizo, e un turnover volto a dare un po’ di riposo a quei giocatori impiegati contro il Celtic. Tra questi non rientra certamente Lukas Podolski, non essendo in lista UEFA, e quindi fresco per l’impegno di campionato. Mancini punterà poi su Brozovic a centrocampo, pure lui non impiegabile in Europa, assieme al confermato tandem MedelGuarin. Dietro le due punte dovrebbe agire lo svizzero Shaquiri, ormai imprescindibile nel ruolo di trequartista, a dar manforte a Icardi e allo stesso Podolski. In difesa dovrebbero scendere in campo ancora Santon, Juan Jesus e Ranocchia, con Dodò a sostituire D’Ambrosio.

I precedenti tra le due squadre vedono l’Inter in vantaggio, con 64 successi contro i 42 dei viola, e 50 pareggi. Anche il conto dei gol segnati è a favore dei nerazzurri, 235, contro i 196 della Fiorentina.  All’andata finì 3-0 per la Fiorentina, con una prestazione sontuosa della squadra toscana che già allora aveva provocato qualche scricchiolio alla panchina di Mazzarri. Autori dei gol, Babacar, Cuadrado e Tomovic, ma tutti i giocatori impiegati da Montella furono autori di un’eccellente prestazione che diede fiducia all’ambiente.

Lo stato di salute di entrambe le squadre è ottimo: l’Inter non vinceva tre partite consecutive in campionato dall’era Stramaccioni, mentre la Fiorentina viene da una serie di sette risultati utili di fila. I nerazzurri in classifica sono ottavi a 35 punti, a 4 lunghezze dai viola, a quota 39, che occupano invece la quinta posizione. Dunque l’Europa non è così lontana per la compagine di Mancini, che con una vittoria potrebbe agganciare definitivamente il treno per qualificarsi alle competizioni continentali. Vedremo poi se ci sarà la sfida nella sfida tra due dei bomber più stimati nel panorama della serie A: Icardi e Mario Gomez sono sicuramente in forma, il primo a segno anche nell’ultimo turno contro il Cagliari e capocannoniere insieme a Tevez con 14 reti, il secondo ha ripreso a far gol con regolarità soltanto nelle ultime partite, ma pronto ad aumentare il proprio bottino di sole 2 segnature in campionato (ma determinanti quelle in Coppa Italia e Europa League). A dirigere la gara sarà l’arbitro Massa di Imperia, con i viola imbattuti quando il fischietto ligure si è trovato sul campo assieme alla squadra toscana.


Appuntamento dunque alle ore 18 allo stadio di San Siro per un match che promette spettacolo.

link ufficiale: http://blog.betclic.it/inter-fiorentina-presentata-dal-giornalistaviola/

martedì 17 febbraio 2015

Il "Caso Lotito" - L'opinione (per quanto modesta)

Venerdì scorso, 13 febbraio, è scoppiato quello che è stato definito il "caso Lotito", ovvero la pubblicazione di una telefonata privata tra il presidente della Lazio e Iodice, il direttore generale dell'Ischia, squadra militante in Lega Pro. E come da copione si è scatenato il putiferio. Cerchiamo intanto brevemente di riassumere il contenuto della telefonata.
I due punti principali che sono balzati all'attenzione generale riguardano il presidente della Lega di Serie A Beretta, il quale conterebbe "zero" secondo Lotito, e la promozione nella massima serie delle cosiddette "piccole" in connessione alla vendita dei diritti televisivi, in quanto compagini come ad esempio Carpi e Frosinone produrrebbero una perdita d'interesse sulla serie A, quindi di ricavi economici, e un collasso del sistema per insufficienti risorse finanziarie. Dalla telefonata poi sono emersi altri particolari comunque interessanti, come dichiarazioni su Berlusconi, Murdoch (patron di Sky) e sempre nell'ambito del potere all'interno della Lega (per approfondire il tutto: http://www.gazzetta.it/Calcio/13-02-2015/lotito-telefonata-lazio-beretta-conta-zero-carpi-non-puo-andare-serie-a-100870980538.shtml ).
Per cominciare, la primissima cosa che suscita scalpore (e indignazione è proprio la pubblicazione di questa telefonata, in quanto privata: solitamente, per ottenere e pubblicare intercettazioni telefoniche serve un'autorizzazione giudiziaria, che qui invece non c'è e non è stata nemmeno presa in considerazione l'idea di richiederla. E sebbene in questi ultimi anni siamo tutti molto "social" e condividiamo tutto su internet, non penso che anche solo uno di noi voglia veder pubblicata una propria conversazione telefonica, per quanto innocua possa essere. 
Tralasciando ora questo non insignificante dettaglio, il contenuto non è dei certo dei più sponsorizzanti per Lotito. Chi sale e chi scende di categoria non può sicuramente deciderlo chi è al potere, ma l'unico verdetto dovrebbe essere ottenuto esclusivamente dal campo. Dovrebbe. Perché a questo punto sorgono molti dubbi sulla regolarità dei campionati. Se Carpi e Frosinone sono squadre che giocano un bel calcio, che vincono e che meritano di salire in serie A, ben vengano. E' bello far sognare piccole realtà ed è giusto anche realizzare questi sogni se si presenta l'opportunità, cosa che invece il presidente della Lazio (e anche co-proprietario della Salernitana, altro particolare di non poco valore) non permetterebbe per puri interessi economici. In altri campionati come la Bundesliga, la Premier League o la Ligue 1 queste "piccole" sono presenti, e vedendo anche i recenti risultati di FA Cup per esempio, si può dire che siano presenti con merito. Si potrebbe comunque obiettare che Lotito non ha esplicitamente ordinato "facciamo di tutto per non far salire il Carpi", ma non ha di certo fatto una bella figura con le sue dichiarazioni.
Riguardo Beretta invece, se proprio contasse zero, allora chi comanda in Lega? E' stato eletto un presidente che non rappresenta coloro che l'hanno votato? E' proprio Lotito ad avere il potere?
Dopo questa bufera, una persona con un minimo di umiltà e valori umani presenterebbe le dimissioni dalla carica che ricopre, ma visto che siamo in Italia certe cose non sembrano essere contemplabili, e il patron della Lazio e il suo orgoglio rimarranno al loro posto. E a far riflettere c'è anche l'appoggio e la solidarietà di molti presidenti della serie A, i soliti che hanno votato Tavecchio tra l'altro, che susciterebbe altri dubbi riguardo accordi di potere e che la situazione, per quanto drammatica e non equa sia, vada bene così com'è.